LA SCACCHIERA

 DAGLI ANNI DEI CONTESTI E PALINSESTI ALLA RIVOLUZIONE INFORMATICA DELL'ARCHITETTURA

Zaha Hadid, architetto di origine irachena e formazione londinese, rappresenta una figura cardine nella ricerca e nello sviluppo dell'architettura contemporanea, che ha portato a nuove interpretazioni e relazioni con il contesto. Una figura la cui vita si è mossa tra i maestri del Post-Modern e l'avvento dei grandi miracoli tecnologici della digitalizzazione, un contesto complesso e di grande mutevolezza.

Gli anni 80 sono un periodo di grande cambiamento. Il crollo del muro di Berlino pone fine alla Guerra Fredda e porta all'affermazione indiscussa del capitalismo internazionale. Gli ultimi strascichi della cieca fiducia del dopoguerra nel futuro lasciano spazio alla consapevolezza dei limiti che il mondo presenta: risorse, economia, crescita, città, nulla di queste cose può espandersi all'infinito e si deve comprendere come relazionarsi alle nuove limitatezze. 
In questo panorama l'architettura verte verso nuove ricerche e comprensioni, il contesto, rimasto fino ad all'ora nell'ombra dell'international style, riacquisisce vigore e centralità. 

Nel 1978, Roma, città di stratificazione e storia, ospita la mostra "Roma interrotta" dove numerose figure del mondo dell'architettura vengono chiamate a reinterpretare la storica pianta del Nolli del 1748 secondo le proprie declinazioni. 



Nella pluralità delle interpretazioni emerge la chiara potenzialità dell'architettura di creare spazi urbani in cui gli edifici "cospirano tra loro" disegnando un panorama scenografico. Tra tutti gli architetti che parteciparono all'esposizione, probabilmente, va considerato particolarmente Paolo Portoghesi, il quale propone ai visitatori una lettura alquanto particolare e interessante. In una serie di incisioni nel sughero rilegge la forma urbis nell'ottica del paesaggio tufaceo del Nord del Lazio.  In un contesto che si muove tra il Futurismo e un ritorno al Barocco, Portoghesi adotta un approccio differente: quello del rapporto con la natura e del suo legame inscindibile con lo spazio urbano.

Paolo Portoghesi, tavole di sughero incise, Roma interrotta 1978

Anche nella realtà americana d'oltreoceano Peter Eisenman, mosso dal depauperamento dei concetti di "autonomia estetica", "contesto" e "città", si concentra in una profonda ricerca personale volta a comprendere come superare il rigetto per le attuali tendenze. Nel suo lavoro Eisenman enuclea il concetto di Layer: trame celate dal tempo indipendenti tra loro e forgiate da logiche differenti, ma che sovrapposte delineano il progetto nella sua interezza. La prima sperimentazione avviene nella progettazione del complesso di Cannaregio a Venezia nel 1978. Questo progetto si pone come un catalizzatore temporale, in cui confluiscono tutte le trame che nel tempo la città ha creato.

Peter Eisenman, Cannaregio Town Square, 1978

Nel continuare l'assidua ricerca, parallelamente al nuovo concetto di layer, identifica il principio del "in between" che si concretizza nel progetto del Wexner center per la Ohio State University. L'edifico diviene oggetto densificante che si insinua tra il residuale del costruito riducendo il  consumo di suolo vergine. 
Il concetto di "residuale" acquisisce particolare importanza nel contesto statunitense anche grazie al lavoro di Frank O. Gehry, il quale, leggendolo su un piano maggiormente teorico che spaziale, delinea un punto di fusione tra architettura e Pop Culture. Gehry pone il paesaggio metropolitano come soggetto del suo lavoro, dove, la volontà di razionalizzare il mondo e efficientarlo lascia lo spazio all'assemblaggio informale di elementi propri del contesto a formare l'oggetto architettonico. 

Frank O. Gehry, Gehry House, 1978


"Hadid è attratta dalle forze dinamiche, guizzanti e veloci delle costruzioni. ibridandosi alla propria idea di paesaggio diventano ispirazione per creare una forma di architettura a metà edificio e metà articolazione fisica e infrastrutturale del paesaggio"

In questa realtà di ricerca e contesto si forma l'architetto Zaha Hadid. Questa figura è particolarmente interessante poichè sembra condensare in se tutte le ricerche e le dicotomie precedentemente analizzate. La sua matrice artistica, che richiama i quadri di Paul Klee, le permette di strutturare relazioni astratte che attraverso diversi passaggi formalo l'architettura. Nei suoi lavori si può vedere chiaramente come i Layer del contesto plasmano l'oggetto  e di come quest'ultimo, sembri, in fine assemblare il contesto in un nuovo concetto di naturalità. La sua attenzione alle opere infrastrutturali come ponti, strade, ferrovie, la porta a concepire l'edifico come infrastruttura di connessione, non solo con il costruito ma anche con il naturale.
Le opere di Hadid rifuggono la staticità, muovendosi, fluidificandosi e fondendosi con ciò che le circonda. Esempio perfetto è rappresentato dalla Vitra Fire Station. 


ZaHa Hadid, Vitra Fire Station
 

Zaha Hadid rappresenta a pieno la società contemporanea nella suo frenetico movimento e profonda interconnessione. I suoi edifici che si plasmano con elegante dinamismo si pongono come punti di unione tra artificiale e naturale, forse, come rappresentanti di una società globalizzata, tecnologica e sinergica. 


Zaha Hadid Architects, Venice Studio 2022



OPERA ANALIZZATA 

JINGHE CENTER - Zaha Hadid Architects



PLASTICO DI STUDIO - 1:1000







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